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Atelier Querciola... Venghino signori venghino. Una favola a lieto fine.

 

mercoledì 24 giugno 2015:

Paolo durante tutto l’anno aveva avuto un pensiero in testa, talmente tanto forte da disegnarlo alla perfezione. Con tratto veloce ma sicuro lo aveva definito nei minimi particolari , il capo di punta della sua collezione, lo aveva visto con la mente indossato da tutta la sua gente , la sua Querciola stretta sotto un cappotto.

Sapeva di avere con sé gli artigiani migliori , maestranze eccellenti , i suoi amici; ci avevano scherzato da subito , dopo l’ultimo brindisi della vittoria del 2014, avevano continuato a farlo per tutto l’inverno, non succede ma se succede … lunghi scambi di messaggi sotto il segno della manita, ognuno a chiamare la fortuna a suo modo; vedeva i loro sguardi, vedeva che non erano sazi, perchè vincere è uno di quei mestieri che quando si impara a farlo , non viene mai a noia.

Paolo consegnò il suo disegno nelle mani di Luca, sapeva che lo avrebbe letto alla perfezione , lo aveva già fatto una volta, lo avrebbe fatto di nuovo; Luca, il suo Capitano, l’uomo giusto per mettere a modello il sogno, quello capace di dargli la dimensione reale. La carta velina del sogno nella mani di Luca iniziò a prendere forma, tratteggiò le linee, si fermò sui dettagli, disegnò quel piccolo capolavoro con fantasia, conosceva benissimo le misure e le proporzioni che doveva avere, non riusciva a immaginarlo indossato se non da spalle importanti e braccia coraggiose , sapeva chi lo avrebbe portato nel modo giusto, Simone , ancora lui , ancora una volta.

Luca appoggiò il cartamodello terminato sul manichino, non ebbe dubbi , confidava nell’arte dei suoi sarti lì guardò con occhi pieni di fiducia, ne decifrò i pensieri mentre il cartamodello passava tra le loro mani; Marco, una tradizione di famiglia che si intreccia con la storia arancio verde, Luca il più grande del gruppo, il conoscitore del polso della gente di Querciola, con un passato da Presidente, Marco, il più silenzioso, da sempre dentro al cuore della contrada .

Li vide sereni, li vide come li voleva, sapeva di poter contare su di loro, sapeva che non sarebbe sfuggita loro nessuna impuntura, che non avrebbero avuto paura di ritoccare anche mille volte il capo, fino a raggiungere la perfezione, pur lavorando con mezzi spesso modesti, facendo le cose a mano con grande epserienza, come nelle botteghe di una volta, poche parole , basso profilo, cura dei particolari, uno stile elegante ma mai urlato. Non lo tradirono.

Tagliarono i pezzi uno a uno, per poi cucirli insieme, prima il davanti , poi il dietro, poi l’unione delle due parti sulle spalle , poi l’attaccatura delle maniche. Come nelle favole più belle, fu una donna, , una giovane donna, Martina, a regalargli, con l’aiuto delle dea bendata, la stoffa migliore; un velluto di seta scuro e lucido, in apparenza forse non facile da indossare , ma senza dubbio tessuto morbido , sui cui lavorare bene. Luca lo affidò a Matteo perché se ne prendesse cura, lui gli aveva già dimostrato di saper maneggiare con sapienza qualcosa di cosi prezioso.

Matteo accarezzò quella stoffa con pazienza, ne fissò le cuciture, ne defini le pieghe; ancora una volta Mario e Marcello, gli artigiani chiamati da fuori, rifinirono il suo lavoro, con bottoni colore d’argento e una fodera robusta, per proteggerne l’interno. Il capo , il sogno, era ormai pronto, cucito e rifinito in ogni particolare, l’emozione era palpabile ,Emiliano e Enrico aiutarono Simone a indossarlo, con un paio di battute , sciolsero la tensione, Luca li aveva scelti per questo, perché in un gruppo che lavora insieme seriamente bisogna saperci fare anche con l’allegria e essere sfrontati al punto giusto, quando serve. Il Cappotto cadeva alla perfezione.

Simone si specchiò negli occhi di tutti loro, Paolo finalmente vide la forma del suo sogno, per come se la era immaginata. Sentì di averlo messo nelle mani giuste, di amici che lo avevano interpretato con fiducia , mettendoci il cuore , l’energia e la passione. Col cuore guardò indietro , al giovane passato della Contrada, pensò a quei ragazzi che poco più di trent’anni prima, quando la maggior parte di loro ancora non erano nati, per la prima volta erano scesi in Buca; pensò alle altre collezioni vincenti, a quelle non andate nel verso giusto.

Pensò ai suoi , a tutti quelli della Querciola, una realtà piccolina ma fiera, indipendente, sorniona al punto di essere capace di realizzare quello che gli altri pensano, forse anche lo scherzo del secolo. Capì che erano pronti, tutti , anzi che ormai non vedevano l’ora ; lo erano soprattutto Simone e Tavel. Mancava ancora un piccolissimo particolare, come una medaglia da appuntare sul bavero, il tocco finale prima di entrare in passerella. Sapeva che era di Luca, il loro condottiero, il compito di tirare fuori quel gioiello prezioso, caricato di speranza e coraggio, sicurezza e tranquillità. Il rumore della gente , l’ansia dell’attesa , la voce dello speaker, l’aria nervosa delle grandi occasioni, Luca tagliò tutto al di fuori , con lo sguardo li prese per mano, disse quello che tutti stavano pensando : adesso ci vuole pazzia.

Raggiunsero ognuno la propria postazione, sapevano che di lì a poco avrebbero rotto le righe in maniera fragorosa, non sarebbe più servito tenere un profilo basso, perché quando si conquista la gloria l’esplosione non è mai troppo grossa , perché chi prende per mano la fortuna col sorriso vede il sogno diventare realtà. Paolo già sapeva che non li avrebbe visti saltare e abbracciarsi , correre e finire il fiato, cercarsi e trovarsi col cuore che scoppia, le risate miste alla commozione, passarsi Simone sulla spalle , ricoprire Tavel di baci.

No, non li avrebbe visti, lui si sarebbe allontanato velocemente , col passo sicuro di chi sa cosa deve fare: indossare il cappotto che aveva già preparato da qualche giorno . Nel tratto di strada che lo avrebbe separato dalla sua missione avrebbe ricominciato a sognare, avrebbe pensato a un numero ben preciso, con la testa proiettata nel futuro avrebbe immaginato ormai grandi i bambini a cui avevano regalato un doppio sogno, intorno a un tavolo in Contrada, a raccontarsi la bella favola dell’ATELIER DELLA QUERCIOLA , di quei ragazzi del 14-15 che fecero l’impresa del Cappotto.

Eleonora Mainò

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